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Allarme in cucina, danni gravi a fegato e cuore se consumi spesso questi 3 oli: sono da bollino rosso

Alcuni oli usati in cucina risultano potenzialmente dannosi per fegato e cuore: quali sono e quali precauzioni è bene apportare?

Gli oli vegetali sono spesso considerati scelte salutari per la dieta quotidiana, tuttavia non tutti si equivalgono in termini di benefici per la salute. Alcuni di essi, infatti, possono presentare rischi seri se consumati abitualmente o in grandi quantità. In particolare, tre oli vegetali – l’olio di colza, l’olio di palma e l’olio di soia – sono sotto la lente d’ingrandimento degli esperti per i loro potenziali effetti nocivi. Un’analisi approfondita aiuta a comprendere perché questi oli abbiano ricevuto un “bollino rosso” da parte della comunità scientifica.

I possibili rischi di alcuni oli di uso comune

L’olio di colza, estratto dai semi della pianta Brassica napus, appartiene alla famiglia delle Brassicacee, come il cavolfiore. La storia di questo olio è segnata da una controversia che risale agli anni ’70, quando i metodi di estrazione producevano un olio contenente fino al 50% di acido erucico, un acido grasso che gli organismi animali – compreso l’uomo – non metabolizzano efficacemente. L’accumulo di acido erucico nel fegato e nel cuore è associato a gravi danni, motivo per cui le normative vigenti limitano il suo contenuto al 5% per gli adulti e all’1% per i prodotti destinati all’infanzia.

Gli alimenti privi di acido erucico sono quindi da preferire per evitare il rischio di accumulo cronico, che può portare a conseguenze gravi sulla salute. Un episodio tragico degli anni ’80 in Spagna, causato dalla diffusione di olio di colza non alimentare ma ricchissimo di acido erucico, ha provocato centinaia di morti e danni permanenti, spingendo le autorità a vietarne l’uso alimentare.

Gli oli potenzialmente dannosi – centrostudifinanza.it

L’olio di soia, prodotto dalla pianta Glycine max, è molto diffuso soprattutto negli Stati Uniti, dove rappresenta circa il 90% della produzione di oli vegetali. Tuttavia, il suo consumo è associato a diversi possibili rischi per la salute:

  • Studi dell’Università della California indicano che l’accumulo di metaboliti derivanti dall’olio di soia potrebbe danneggiare il fegato e aumentare il rischio di diabete di tipo 2, insulino-resistenza e accumulo di tessuto adiposo.
  • Gran parte della soia coltivata è geneticamente modificata (OGM), per aumentare la resistenza agli erbicidi e la produttività, ma gli effetti a lungo termine sulla salute umana restano ancora poco chiari.
  • L’olio di soia è spesso sottoposto a processi di idrogenazione per aumentarne la durata, un procedimento che genera grassi trans, riconosciuti a livello internazionale come dannosi per le arterie e paragonabili ai grassi saturi di origine vegetale in termini di rischio cardiovascolare.

Questi fattori portano a un giudizio complessivamente negativo sull’olio di soia, che viene quindi sconsigliato per un consumo regolare.

L’olio di palma è uno degli ingredienti più controversi dell’industria alimentare. Sebbene sia molto utilizzato per la sua economicità e stabilità, il suo consumo eccessivo può avere impatti negativi rilevanti sulla salute cardiovascolare:

  • L’assunzione abituale di olio di palma è associata a un aumento significativo di colesterolo LDL (“cattivo”), trigliceridi e altri lipidi nel sangue, con conseguente rischio di occlusione arteriosa.
  • La maggior parte dell’olio di palma utilizzato industrialmente è esterificato, un processo chimico che ne peggiora ulteriormente gli effetti sul metabolismo lipidico.
  • Uno studio del 2014 evidenzia che l’alto contenuto di acido palmitico nell’olio di palma favorisce la produzione di sostanze infiammatorie nell’organismo, un fattore di rischio noto per patologie cardiovascolari, aterosclerosi, diabete e alcuni tipi di tumore.

Per questi motivi, molte grandi aziende hanno iniziato a eliminare l’olio di palma dalle ricette, e alcune normative ne limitano l’uso o promuovono alternative più sicure.

Romana Cordova

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