Proprio ora che gli italiani sembravano più inclini all’uso della moneta elettronica, arriva dall’Esecutivo targato Giorgia Meloni quasi un “obbligo” all’uso dei contanti nelle transazioni fino a 60 euro, trattabili al ribasso. La norma, contenuta nella Manovra che riguarda il nuovo anno, desta non poche perplessità, specie nei Palazzi di Bruxelles coi quali si attende un confronto in merito, compreso l’innalzamento a 5000 euro del tetto dei contanti. E così, dopo dieci anni di regole che hanno portato al possibile utilizzo del POS anche per un solo euro, il Governo nostrano, se passasse il limite di sessanta, permetterebbe l’uso delle banconote nell’80% delle transazioni. È l’ottavo governo, quello che ha vinto le elezioni settembrine, che mette mano alla delicata materia dal 2012 ad oggi.

Ripercorriamo le tappe salienti della corsa alla tracciabilità che si interrompe, dunque, proprio in vista dell’ultimo chilometro. Il Governo Monti introduce per primo, nel 2012, l’onere dell’utilizzo del chiacchierato dispositivo. Lo fa col decreto “Crescita 2.0” che prevede la possibilità di “pagare” anche col Bancomat. Il Ministero dello Sviluppo Economico che è deputato, con Bankitalia e MEF, a stabilire le procedure di attuazione ed eventuali sanzioni, interviene solo nel gennaio 2014, con un decreto ad hoc in cui viene stabilito che la transazione elettronica è possibile da un minimo di trenta euro ma nel quale non sono previste sanzioni.

Anzi, nel febbraio successivo, quando il “Milleproroghe” diventa legge, il Governo Letta concede il termine del 30 giugno per dare agli esercenti il tempo necessario a mettersi in regola. L’anno dopo, 2015, la Legge di Bilancio per il 2016, partorita dall’allora Premier Matteo Renzi, introduce quale mezzo di pagamento anche la carta di credito, e riduce la soglia di accettazione da 30 a 5 euro. La “oggettiva impossibilità tecnica” diventa l’unica eccezione possibile alla regola. Ma, pure in questo caso, sia il MISE che la Banca d’Italia non chiariscono il “concetto” e non stabiliscono alcuna sanzione. Sembra sia la volta buona nel 2018, quando un decreto del Governo Gentiloni impone una sanzione di 30 euro agli inadempienti, ma il Consiglio di Stato dice che non è sufficiente. È necessaria una Legge, non basta il decreto ministeriale.

Fallisce, su questo, anche il secondo Governo Conte. Il suo decreto, che prevede, oltre la sanzione di 30 euro, anche un 4% di penale sulla transazione rifiutata, non viene convertito in legge. Lo ripropone, con identico contenuto, il Governo Draghi. Stavolta, siamo a novembre 2021, il DL, inserito tra le misure attuative del PNRR, passa. E la decorrenza, prevista per il 1° gennaio 2023, viene anticipata, nell’aprile scorso, al 30 giugno 2022. Pochi mesi ed è storia di queste settimane. Di nuovo, dunque, banconote in portafoglio, per tutti. Un peccato, davvero. E pensare che la soluzione potrebbe essere non proprio complicatissima. Forse basterebbe una tiratina d’orecchi alle Banche e tentare con loro un accordo per commissioni meno esose.

Pasquale Alfano

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