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L’invito è dunque rivolto alle famiglie italiane affinché riconoscano il valore sociale ed economico del lavoro domestico.
La situazione pensionistica per una categoria specifica di lavoratori è diventata ormai un vero e proprio allarme sociale: si tratta degli addetti al lavoro domestico, in particolare colf e badanti, che ricevono spesso assegni pensionistici estremamente bassi, talvolta intorno ai 300 euro mensili.
Questo dato emerge chiaramente da un recente report dell’Inps presentato durante l’evento “Il lavoro domestico in Italia, una risorsa strategica per il welfare e l’economia”.
Il settore del lavoro domestico in Italia è caratterizzato da un’alta incidenza di lavoro irregolare. Molte famiglie, per contenere i costi, preferiscono ricorrere al lavoro in nero, evitando così di sostenere i costi contributivi e previdenziali previsti per colf e badanti. Questa pratica, oltre a esporre i lavoratori a una totale assenza di tutele nel breve termine, produce effetti devastanti sul piano previdenziale, con evidenti vuoti contributivi che si traducono in pensioni molto basse o addirittura inferiori al minimo legale.
L’Inps evidenzia come per molti lavoratori domestici le pensioni si attestino tra i 200 e i 300 euro mensili, rendendo questa categoria particolarmente vulnerabile e a rischio povertà in età avanzata. La situazione è aggravata dall’adozione del sistema contributivo per il calcolo dell’assegno pensionistico, che penalizza ulteriormente chi ha avuto carriere discontinue o irregolari.
Nel 2024, il numero di lavoratori domestici regolarizzati è diminuito per il terzo anno consecutivo, attestandosi a 817.403 unità, con un calo del 3% rispetto all’anno precedente. Questo settore è dominato da colf e badanti, con una novità significativa: per la prima volta le badanti rappresentano il 50,5% del totale, superando le colf (49,5%).
La presenza di lavoratori stranieri è molto alta (68,6%), con prevalenza di cittadini provenienti dall’Est Europa, Nord Africa e America Latina. Le regioni con il maggior numero di lavoratori domestici regolari sono Lombardia (126.000), Lazio (92.000) ed Emilia Romagna (56.000). La Sardegna, invece, registra la più bassa percentuale di stranieri nel settore, appena il 18%.
Dal punto di vista demografico, la professione è nettamente femminile: su 817.403 lavoratori, 726.589 sono donne, pari all’89% del totale. Anche sul fronte retributivo si registra un curioso “gender gap inverso”: le donne percepiscono mediamente uno stipendio annuo di 7.800 euro contro i 7.500 euro degli uomini.
L’evento Inps ha posto l’accento sulla necessità di contrastare il lavoro nero e incentivare la regolarizzazione nel settore domestico. Solo con una maggiore adesione contrattuale e il versamento regolare dei contributi sarà possibile garantire pensioni dignitose a colf e badanti, evitando che questa categoria rimanga dipendente da forme di assistenza sociale come l’Ape Sociale.
Maria Luisa Gnecchi, consigliera di amministrazione Inps, ha sottolineato che senza un cambiamento significativo, la quota di pensione calcolata con il sistema contributivo potrebbe peggiorare ulteriormente la situazione previdenziale di questi lavoratori negli anni a venire.
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