Il consulente indipendente come soluzione alle problematiche tipiche della consulenza finanziaria

consulente indipendente

Il servizio della consulenza d’investimento è caratterizzato dalla presenza di problematiche che ne minano l’efficienza. Tra queste, le principali sono rappresentate dall’asimmetria informativa insita nella relazione tra cliente e consulente e dall’esistenza del conflitto d’interesse.

 

L’asimmetria informativa.

Ogni volta che un risparmiatore decide di acquistare un prodotto del risparmio gestito compie le stesse operazioni di quando compra un capo d’abbigliamento, con la differenza che quest’ultimo è un bene tangibile ed è più semplice verificarne le caratteristiche.

 

 

In generale, dato che venditore e compratore partecipano allo scambio da posizioni opposte, essi hanno necessariamente conoscenze diverse e, normalmente, è il venditore ad avere maggiori informazioni circa l’oggetto dello scambio. Questo disequilibrio d’informazioni disponibili è definito asimmetria informativa.

Il venditore di un’auto usata, ad esempio, conosce bene la qualità del prodotto, mentre la valutazione dello stesso è molto difficile per il compratore. Generalmente, l’asimmetria è tanto più elevata quanto maggiore è la complessità del bene o del servizio oggetto dello scambio, e può generare situazioni d’opportunismo a scapito di una delle controparti.

L’asimmetria informativa può generare due problemi:

– il primo, noto come problema dell’informazione nascosta (o anche della selezione avversa), si manifesta al momento della stipula del contratto. In tale situazione, infatti, il venditore può comunicare all’acquirente solo alcune delle informazioni in proprio possesso, inducendolo ad effettuare scelte inefficienti;

– il secondo, noto nella letteratura come azione nascosta ( o moral hazard ), si presenta dopo la stipula, e quindi, nel corso dell’esecuzione del contratto. Esso riguarda la difficoltà di osservare il comportamento del venditore, che potrebbe sfruttare a proprio favore tutti gli spazi di libertà. Il moral hazard è dunque una forma d’opportunismo post-contrattuale.

Questa seconda tipologia di problema si manifesta con maggiore frequenza. Nelle aziende, ad esempio, un dipendente può sottrarre tempo nell’elaborazione di un progetto per la sua attività commerciale che svolge come secondo lavoro o semplicemente chiaccherando al telefono con gli amici. Un direttore generale può prendere decisioni che migliorano la situazione dell’impresa nel breve periodo a discapito dei profitti di lungo periodo per ottenere remunerazioni e promozioni. Gli operatori finanziari che si occupano dell’investimento del risparmio delle famiglie potrebbero avere interesse a modificare il portafoglio dei risparmiatori in misura superiore a quella effettivamente richiesta per trarre un maggiore profitto dalle commissioni.

Gli esempi presentati possono essere formalizzati nella relazione d’agenzia,  comunemente nota come relazione principale-agente. Questo termine è usato in economia con riferimento ad una situazione nella quale un individuo (agente), agisce per conto di un altro (principale) e si suppone che questa sua azione avvenga per promuovere l’interesse di quest’ultimo. Il problema sorge quando l’agente e il principale hanno interessi diversi, e quest’ultimo non è in grado di riconoscere facilmente se l’operato del primo avvenga effettivamente nel suo interesse.

Le relazioni d’agenzia sono molto spesso presenti nel sistema economico: il dipendente è un agente dell’impresa, la banca è l’agente del risparmiatore.

L’asimmetria informativa fa sì che la controparte possa adottare comportamenti opportunistici di tipo pre-contrattuale (selezione avversa) e post-contrattuale (azzardo morale). Elementi importanti per l’individuazione del problema della selezione avversa e dell’azzardo morale sono: l’esistenza d’interessi divergenti tra le parti (conflitto d’interesse), la scarsa possibilità e capacità di verificare le azioni e le informazioni della controparte.

Nell’offerta dei prodotti del risparmio gestito, l’asimmetria informativa può generare effetti distortivi e indurre le banche a collocare prodotti inefficienti, in altre parole inutilmente costosi per il cliente ma con alto margine di guadagno per l’intermediario.

La realtà italiana conferma la presenza di una forte asimmetria informativa, sia come selezione avversa sia come azzardo morale[1]. Nel rapporto che s’instaura tra banca e investitore, data la mancanza di tempo e la complessità dei prodotti del risparmio gestito, non è pensabile, da parte d’ogni singolo risparmiatore, giungere ad una piena e completa capacità di esaminare, sia nella fase di selezione sia in quella successiva di monitoraggio, la bontà delle soluzioni offerte dal sistema.

La soluzione efficiente ai problemi della selezione avversa e dell’azzardo morale insiti nel risparmio gestito è rappresentata dal consulente fee only. Infatti, egli s’interpone tra domanda e offerta riducendo l’asimmetria informativa e generando conseguentemente una ridistribuzione dei benefici economici a vantaggio dei risparmiatori.

 

Il conflitto d’interesse.

Il conflitto d’interesse degli operatori finanziari tradizionali (bancari, promotori finanziari, agenti assicurativi, mediatori creditizi) rappresenta il pericolo maggiore per l’investitore, il quale, se non sufficientemente informato, potrà essere indotto ad acquistare il prodotto proposto, basandosi esclusivamente sulla fiducia riposta nel collocatore dello stesso e non sulla verifica della bontà del consiglio ricevuto[2].

Purtroppo nemmeno la recente legge italiana n. 262/2005 sul risparmio ha previsto l’introduzione di un semplicissimo elemento che avrebbe potuto contribuire in maniera decisiva ad una maggiore trasparenza nei confronti dell’investitore, ovvero l’obbligo da parte di qualsiasi operatore finanziario a contatto diretto con l’investitore finale di chiarire, oltre alla modalità di remunerazione e alla misura della remunerazione medesima, anche il proprio ruolo al fine di non ingenerare confusione agli occhi del cliente. Infatti, solo nel caso in cui il cliente fosse messo al corrente dello specifico ruolo svolto dall’operatore finanziario (collocatore o consulente) potrebbe decidere da chi farsi assistere.

Il TUF ha previsto l’obbligo per gli intermediari d’organizzarsi per ridurre al minimo il rischio di conflitto d’interesse e, se non è possibile evitarlo, d’informare il cliente al fine di garantirgli un equo trattamento. L’avvento della Mifid ha ristretto il campo ai soli conflitti che sono potenzialmente lesivi per il cliente e ha stabilito una procedura più complessa per prevenirli e contenerli. Innanzitutto, l’intermediario deve identificare i conflitti attuali e quelli potenziali, in secondo luogo deve definire le misure per prevenirli, in terzo luogo deve adottare una politica per gestirli e, infine, ha l’obbligo di disclosure al cliente[3].

L’unica garanzia reale dell’assenza di conflitto d’interesse è rappresentata dalla remunerazione basata in maniera esclusiva sulla parcella versata dal cliente e senza commissioni di vendita e negoziazione da parte di nessun intermediario. Quindi, a parità d’ogni altra condizione, questa peculiarità che contraddistingue la figura del consulente finanziario indipendente, permette di evitare la ricezione di consigli viziati da tornaconti diversi da quelli dell’investitore cui il consiglio stesso è stato elargito.

Un esempio d’inefficienza, legato al conflitto d’interesse, è dato dalla cosiddetta parcella occulta che risulta essere presente nella maggior parte dei prodotti finanziari presenti sul mercato. Nell’attività di consulenza finanziaria fee only e, in particolare, nella fase d’analisi del portafoglio dell’investitore, si fa una radiografia dettagliata della situazione finanziaria in essere, con particolare attenzione all’analisi dell’efficienza degli strumenti utilizzati. Tra i vari test effettuati assume notevole importanza quello volto ad individuare la “parcella occulta” che l’investitore sostiene e che consiste nella determinazione e nella quantificazione di tutti i costi che sono prelevati in modo automatico dal patrimonio in gestione. Evidenziato al cliente il costo reale presente all’interno del suo portafoglio, e mostrata l’inefficienza dei risultati ottenuti nei confronti del mercato di riferimento, si procede alla sostituzione dei prodotti inadeguati attraverso la selezione di strumenti efficienti.

 

L’investitore, grazie all’aiuto di un consulente indipendente fee only, prende realmente coscienza della situazione reale del suo patrimonio e dei prodotti in cui è collocato, è ha quindi la possibilità di valutare e decidere senza che le sue scelte siano indirizzate da operatori in conflitto d’interesse, i quali sono portati a consigliare le soluzioni più remunerative in termini di commissioni di collocamento e di negoziazione[4].

I servizi offerti dal consulente indipendente

I servizi offerti dal consulente finanziario indipendente sono diversificati in modo da tener conto delle diverse esigenze dei clienti private e corporate.

     Patrimoni personali

Nel caso di patrimoni personali i principali servizi sono[5]:

– analisi qualitativa del portafoglio del cliente con certificazione della qualità gestionale, dell’incidenza dei costi e dell’efficienza dei risultati. Con questo servizio, il consulente finanziario indipendente valuta la qualità della gestione offerta dalle imprese d’investimento alle quali il cliente ha affidato il proprio patrimonio;

– analisi completa dei singoli prodotti che compongono il portafoglio con quantificazione della “parcella occulta” trattenuta dagli intermediari finanziari (banche, SIM, compagnie assicurative) in termini di commissioni di gestione, performance, negoziazione, costi amministrativi, banca depositaria;

– rinegoziazione di tutte le condizioni applicate al cliente dalla propria banca di fiducia (commissioni d’acquisto/vendita, deposito titoli, tasso attivo e passivo, commissione di massimo scoperto, valute);

– creazione dell’asset allocation con l’utilizzo di strumenti efficienti;

– monitoraggio nel corso del tempo dell’asset allocation e produzione di reportistica periodica e personalizzata;

– valutazione ed eventuale sostituzione o rinegoziazione di mutui e finanziamenti;

– pianificazione previdenziale;

– pianificazione finanziaria completa: è il processo che va dall’individuazione delle necessità finanziarie fino alla realizzazione delle possibili soluzioni.

L’investitore affiancato dal consulente finanziario indipendente diventa finanziariamente autonomo: è in grado cioè di soddisfare i propri bisogni finanziari senza l’aiuto d’altri soggetti. Sono infatti i bisogni finanziari a guidare le scelte d’investimento e non la ricerca esclusiva del risultato in termini di performance; è possibile cambiare idea sulle scelte d’investimento solo quando cambiano i bisogni finanziari da soddisfare.

Le fasi di una corretta pianificazione sono:

– acquisizione della piena consapevolezza dei bisogni finanziari prioritari del cliente e delle risorse disponibili per raggiungerli;

– conoscenza degli strumenti finanziari;

– adozione di un piano che permetta di raggiungere gli obiettivi prefissati;

– regolare monitoraggio della situazione per garantire la coerenza delle singole scelte gestionali rispetto al piano stabilito.

 

 

     Patrimoni aziendali

Per il settore corporate le tipologie di servizio offerto possono essere così suddivise[6]:

– gestione dei rapporti con gli istituti di credito: la valutazione delle condizioni applicate e l’ottimizzazione dei flussi finanziari è un aspetto importante per l’impresa e comprende anche la gestione dei rapporti bancari con i diversi istituti, la quale permette di ridurre sensibilmente la struttura dei costi a carico dell’impresa e un’efficiente pianificazione finanziaria aziendale;

– analisi dei prodotti strutturati e derivati già sottoscritti: spesso le imprese non sono consapevoli dei rischi connessi ai servizi loro prestati dalle imprese di investimento e necessitano, quindi, di supporto e assistenza per un’analisi obiettiva del prodotto acquistato e per un’eventuale chiusura della posizione oltre che per una valutazione delle alternative offerte dall’impresa d’investimento;

– analisi e ottimizzazione dei portafogli finanziari aziendali: anche le imprese sono state coinvolte, nella gestione dei loro investimenti finanziari, nella sottoscrizione di prodotti del risparmio gestito e sono alla ricerca di un adviser indipendente che si occupi della cura dei propri interessi;

– calcolo dei rating previsti da Basilea 2: Basilea 2 è l’accordo stipulato tra i governatori delle banche centrali dei maggiori paesi industrializzati europei, esso si prefigge di rendere più efficace il controllo dei rischi legati allo svolgimento dell’attività bancaria, con particolare attenzione alla rischiosità dei crediti concessi alle imprese. Il servizio offerto dal consulente indipendente si concretizza nella verifica dell’eventuale esistenza di punti di debolezza e squilibri patrimoniali, finanziari e/o economici e nell’individuazione delle soluzioni più idonee per migliorare il rating stesso.

 

[1] Valentini,  Il risparmio protetto, Editori Riuniti 2005, pagg. 41-45

[2] Valentini,  Il risparmio protetto, Editori Riuniti 2005, pagg. 46-49

[3] Prima della Mifid, una società poteva prestare un servizio in conflitto d’interesse solo se il cliente firmava l’autorizzazione. Ora, con l’entrata in vigore della nuova direttiva, gli operatori dovranno informare i clienti con comunicazione scritta ma la firma non sarà più necessaria.

[4] Conti, Se l’investitore paga al consulente solo una parcella, Investire, febbraio 2007

[5]Brochure Consultique, consultabile sul sito www.consultique.it.

[6] Brochure Consultique, consultabile sul sito www.consultique.it