La direttiva MiFID ha comportato significativi mutamenti nella struttura dei mercati secondari di titoli azionari dovuti principalmente al venir meno del precedente obbligo di concentrazione degli scambi (concentration rule), il quale imponeva che le transazioni di titoli azionari quotati in Mercati Regolamentati venissero effettivamente ed esclusivamente effettuate all’interno del Mercato Regolamentato stesso[1] . La diretta conseguenza di tale previsione è ravvisabile nella naturale proliferazione delle sedi di esecuzione (execution o trading venues: Mercati Regolamentati, Multilateral Trading Facilities ed Internalizzatori Sistematici) e nella frammentazione degli scambi su di esse, comportando il riconoscimento di nuove piattaforme di contrattazione ed una vera e propria “liberalizzazione” dei mercati finanziari che consente alle banche ed alle altre imprese di investimento di competere con le borse. Ciò significa anche una maggiore competizione tra le varie sedi, con gli ovvi vantaggi che questa comporta, tra cui spiccano una diminuzione dei costi di transazione per l’investitore da un lato e l’offerta ai clienti di servizi specifici alle differenti esigenze dall’altro. Tuttavia, questo mutamento introduce altresì una serie di rischi da valutare con attenzione, tra cui una riduzione della liquidità ed una minore efficienza del processo di price discovery[2]. Queste condizioni sono al contrario promosse all’interno di un mercato concentrato, dove non si eseguono scambi fuori dal mercato e dove le condizioni di esecuzione sono ottimali (in quanto uno stesso ordine di acquisto o di vendita non è disponibile su mercati alternativi a prezzi più alti o più bassi) e tendenzialmente uguali per tutti gli investitori. Ulteriori vantaggi derivanti dalla frammentazione degli scambi riguardano la più ampia gamma di possibili scelte alternative a disposizione dei portatori di interessi di negoziazione nonché l’incentivo al’innovazione affinché ciascuna sede di esecuzione possa garantire il miglior servizio per il cliente. La nascita di nuove sedi di esecuzione e la competizione tra le stesse non sono però gli unici risvolti del provvedimento in esame: infatti, la caduta dell’obbligo della concentration rule ha altresì decretato, sul territorio nazionale, la fine del monopolio di Borsa Italiana nella negoziazione dei titoli azionari quotati (lo stesso è accaduto in tutti gli ordinamenti coinvolti), al pari dei Paesi nord europei, dove tale situazione si riscontra da tempo[3], con un passaggio da una concorrenza tra ordini con limite di prezzo inviati su un solo mercato ad una concorrenza tra sedi di esecuzione per attrarre il flusso di ordini. Nell’equilibrio che deve essere raggiunto tra vantaggi e svantaggi è determinante proprio il grado effettivo di competizione che si genera tra sedi di esecuzione. Mentre gli effetti negativi sono inevitabili in quanto direttamente connessi con l’esecuzione degli ordini su più sedi, quelli positivi sono eventuali e proporzionali al grado di concorrenza[4] che si realizza. Diventa pertanto fondamentale che gli operatori dispongano delle informazioni necessarie per poter valutare la convenienza relativa delle diverse sedi di esecuzione degli scambi, ovviamente al minor costo e nel minor tempo possibili, per il quale calcolo si sono resi necessari sistemi basati sulla elaborazione di misure di qualità comparata delle diverse sedi di esecuzione, come per esempio la misurazione del costo medio ponderato (price impact) della negoziazione che si intende effettuare. Una ulteriore soluzione che consente di conciliare in maniera efficiente la presenza di più sedi di esecuzione con la tutela dell’investitore può essere data dal ricorso a Smart Order Routing Systems, cioè a sistemi in grado di selezionare la migliore sede di esecuzione garantendo il rispetto della best execution.
[1] L’unica eccezione era prevista per gli scambi di dimensioni superiori a quelle normali e per gli scambi realizzati al di fuori dell’orario di operatività diurna.
[2] Per “price discovery“ si intende il meccanismo di formazione dei prezzi.
[3] In Gran Bretagna, ad esempio, l’obbligo di concentrazione degli scambi è stato abolito nel 1986, anche se in realtà, fino al 2007 (entrata in vigore della direttiva MiFID), i Mercati Regolamentati hanno continuato ad esercitare la maggiore fonte di attrazione delle negoziazioni azionarie.
[4] Si parla in questo caso di una forma di concorrenza intertemporale tra sedi di esecuzione, in sostituzione della concorrenza sincrona tra ordini concentrati su una unica sede di esecuzione.