Il magazzino: scorte, indici e campi di applicazione

magazzino

La contabilità di magazzino non sempre risulta obbligatoria: lo diventa solo quando raggiunge, per due esercizi consecutivi, determinati e concomitanti parametri riguardanti il totale dei ricavi realizzati nell’anno e l’ammontare complessivo delle giacenze di fine periodo, rispettivamente pari ad euro 5.164.568,99 ed euro 1.032.913,80.

L’utilità del magazzino

Pur tuttavia, essa viene adottata in quasi tutte le aziende, in quanto fondamentale per una approfondita analisi di gestione e relative strategie di mercato che, se eseguite in maniera corretta, ci indirizzano all’ottenimento di positivi risultati reddituali. Per raggiungere questo “nobile scopo” il magazzino si serve di dati, metodi, criteri valutativi. Ma soprattutto di indici, i più importanti dei quali sono, come vedremo, l’indice di scorta (minima e/o massima) e l’indice di rotazione delle merci.

Come stabilire le scorte

Premesso che non esistono formule definite adatte allo scopo, non sempre è cosa semplice individuare una giusta scorta. Spesso una sua errata valutazione porta a sostenere costi maggiori od anche a determinare flessione dei ricavi. Prevedere un minimo di scorta troppo alto significa creare veri e propri immobilizzi che farebbero lievitare i costi per il fitto di locali appropriati, quando non di proprietà. Ma sarebbe improduttivo anche il costo del trasporto nel caso di consegne più esigue nella quantità ma più frequenti nel tempo. Non dimentichiamo, inoltre, che la quantità di merce resa disponibile deve pur sempre essere in linea con la richiesta (a volte anche imprevista) del mercato.

Altro contesto: spesso si verifica che, di fronte a particolari condizioni di vantaggio offerte dai fornitori, si esagera con gli approvvigionamenti finendo per appesantire le scorte che, oltre alle conseguenze prima accennate può originare un fenomeno non proprio gradito agli addetti ai lavori: le scorte invendute. Anche qui risulta determinante il mercato, una entità mai statica, vuoi per cambi di mode e gusti, vuoi per motivi speculativi o finanziari. Altra nota non meno importante da evidenziare per il temuto invenduto riguarda le caratteristiche merceologiche dei prodotti stoccati. Due esempi eloquenti sono l’obsolescenza nell’hi-tech e la conservazione per i prodotti alimentari.

Gli indici di magazzino

Vediamo ora, anche con l’aiuto di qualche semplice formula aritmetica, cosa sono gli indici di rotazione della merce e soprattutto a cosa servono.

L’indice di rotazione indica il rapporto tra il venduto e la media giacenza di uno o più prodotti in relazione ad un certo periodo di tempo. Un esempio: nel corso di un anno riusciamo a vendere 1803774 unità di un certo prodotto con stoccaggio medio pari a 380700.

Dividendo il primo per il secondo dato

Indice rotazione= Venduto       1803774 :380700 = 4,738            media giacenza

otterremo un indice pari a 4,738 che rappresenta il numero di volte che quell’articolo di merce transita per il magazzino. In sostanza l’indice di rotazione ci illustra i tempi con cui girano le merci. Ne consegue che più alto è l’indice, più velocemente ruotano le merci originando un magazzino dinamico, quindi un frequente rinnovo dello stoccaggio. Nel caso inverso avremo un magazzino più statico in cui si riscontra un giro merci molto più lento.

Sosta della merce (non sempre consentita)

Per ottimizzare la logistica dell’azienda dividiamo la massa delle merci in categorie diverse a seconda di come esse riescono a rinnovarsi in un dato tempo. Per cui le merci con più alto indice di rotazione saranno le più vicine alla sede principale dell’azienda. Di contro quelle movimentate più lentamente si andranno a stoccare in locali più distanti (capannoni in fitto o sedi secondarie).

Molto agevole risulta anche il calcolo del tempo di permanenza di un prodotto nel magazzino. Richiamando l’esempio di prima avremo

tempo in gg / indice rotazione   365/4,738 = 77,037

dove il risultato esprime il numero dei giorni per i quali mediamente la merce staziona in magazzino.

L’indice di copertura, sebbene identico nel risultato al tempo di permanenza, si serve di dati diversi nell’impostazione del calcolo.

Occorre infatti dividere (su esempio che precede) la media giacenza per le vendite medie di un periodo “x”.

Più chiaramente

380700: 4941,85= 77,037

dove il divisore sta ad indicare le vendite effettuate in media nella giornata. Cioè (1803774:365).

Conclusioni

Qualche considerazione è dovuta su quanto è stato detto.

  • Non ci sarà mai un metodo matematico che ci possa guidare negli innumerevoli aspetti di questa complessa materia.
  • Già da un po’ di anni le aziende cercano di portare in alto il più possibile l’indice di rotazione. Pressate come sono da una serie infinita di fattori avversi: la concorrenza sempre spietata, i costi mai trascurabili che riguardano la logistica, ma pure quelli del danaro, compresi quelli per eventuali finanziamenti o quelli provenienti da errati investimenti.
  • Attenzione però, gli elementi del punto precedente sono tutti validissimi: non altrettanto possono essere ritenute le decisioni che ne conseguono. Esasperando infatti le misure di contenimento delle giacenze si finisce inevitabilmente col trascurare le esigenze della domanda. Errore talvolta irreparabile. Ci viene in soccorso:
  • L’indice di continuità che è senza dubbio quello più importante per una diligente strategia di mercato e non solo. Mai espressioni “la merce manca” o “ritardi nelle consegne”. Ricordiamo che gli approvvigionamenti vanno fatti per tempo, a volte valutando anche l’imponderabile. Il mercato non aspetta. Se si vuole che l’azienda acquisisca un rating di rispetto, diventano inaccettabili i “buchi”, i “vuoti” di disponibilità verso i terzi.
  • Anche quando la merce costituisce materia prima per un processo lavorativo di trasformazione, sorge l’esigenza di dare continuità alla produzione. Spegnere i macchinari, tenere ferma la manodopera, insomma creare inutili tempi di attesa a volte può essere deleterio in qualsiasi settore (anche nelle aziende di servizio). Per tutte queste ragioni le aziende ricorrono sempre più a capitali propri (quando esistono e con annesso rischio), ingaggiando topmanager, ed adottando sofisticati sistemi di sviluppo ed

Diciamo pure che, scontata l’utilità dei vari indici sopra descritti, un minimo di buon senso non guasterebbe e una buona dose di esperienza e fiuto commerciale potrebbero costituire un valido antidoto alla onnipresente alea.

Perseguire i propri scopi con appropriate strategie, ma sempre con rispetto della domanda. Il mercato ci farebbe soccombere. A volte anche per poco.