L’inventario è, per definizione, lo strumento che evidenzia la composizione del capitale in ogni attività imprenditoriale. Prima che diventi un documento finito, più o meno sintetico, l’inventario si sviluppa attraverso diverse fasi. Si cercano dapprima gli elementi che costituiscono il patrimonio dell’azienda, quindi li si descrivono per poi classificarli in modo omogeneo. Con l’ultima fase, quella della valutazione, saremo in grado di passare alla sua rappresentazione.
La ricerca degli elementi si effettua fisicamente nel caso di merci, materie prime, mobili, attrezzature, automezzi etc. e contabilmente quando si tratta di crediti, debiti, accantonamenti, conti correnti e così via.
La descrizione dei beni va fatta in maniera dettagliata, per classificare gli stessi in gruppi omogenei con una denominazione appropriata. Così le sedie, i tavoli, gli scaffali confluiranno nei mobili e arredi; trapani, impastatrici, nastri trasportatori figureranno tra i macchinari o le attrezzature (più o meno specifiche secondo la tipologia dell’azienda); automobili, camion, autogru e carrelli elevatori costituiranno gli automezzi o veicoli industriali a seconda dell’attività svolta; e le apparecchiature elettroniche comprenderanno computers, fotocopiatrici, scanner e calcolatrici.
Per la valutazione dei beni in genere viene utilizzato il costo storico per gli immobilizzi (al netto degli ammortamenti) e il valore corrente di mercato per le merci (prodotti finiti) o il valore di produzione per i semilavorati.
E veniamo alla fase conclusiva della rappresentazione, quella che meglio espone i contenuti dell’inventario secondo esigenze fiscali, interne, oggettive, periodiche o puramente estetiche od anche circostanziali come nel caso di passaggi di consegna.
Analizziamo meglio:
- Riguardo l’oggetto distinguiamo l’inventario parziale da quello generale. Tipico inventario parziale è quello del magazzino merci, ma lo è anche il dettaglio dei mobili, degli attrezzi o dei valori bollati. Alla fine, le varie elencazioni costituiranno gli allegati all’inventario generale.
- A seconda dei dati contenuti, l’inventario sarà espressione di sole quantità od anche di valori. Una curiosa eccezione è quella dei beni demaniali, per i quali lo Stato si limita alla sola descrizione, non essendo gli stessi entità di scambio.
- Considerandone la periodicità gli inventari possono essere ordinari o straordinari. Il più importante tra i primi è senza dubbio quello di esercizio, reso peraltro obbligatorio dal Codice Civile, che va redatto alla fine di ogni annualità. Ordinari sono pure gli inventari (di riscontro) che, per settori diversi e per esigenze interne, mirano al controllo delle sussistenze fisiche di merci o di valori monetari rispetto a quanto riportato dalle schede contabili: si tratta, in pratica, del raffronto tra inventario contabile ed inventario di fatto. E’ appena il caso di ricordare che, per la quadratura contabile, nel caso di ammanchi od insussistenze le differenze vanno rilevate nel conto di costo (tra l’altro non deducibile fiscalmente) delle insussistenze di magazzino o di cassa. Della stessa tipologia sono considerati l’inventario di consegna e quello di riconsegna. (particolarmente efficienti nei casi di avvicendamento o sostituzione temporanea di personale addetto al magazzino o alle casse aziendali). Tra quelli straordinari figurano gli inventari di cessione, trasformazione, fusione e liquidazione di azienda, che palesemente si redigono ad hoc, in momenti particolari di vita aziendale come la compravendita dell’attività, il cambiamento della veste sociale, l’unione di due o più aziende ed anche lo scioglimento spontaneo di una società con relativa liquidazione, che diventa coatta in caso di fallimento. Redatto invece una tantum sarà l’inventario di costituzione all’inizio di ogni attività commerciale.
- Per quel che concerne la rappresentazione l’inventario può essere redatto sia con prospetto a sezioni sovrapposte, sia con quello a sezioni contrapposte. Nel primo caso saranno elencate dapprima le attività con relativo totale, quindi le passività in analogo modo. In ultimo troveremo un riepilogo che esprimerà per differenza il capitale netto (attivo>passivo) o il deficit patrimoniale (attivo<passivo). Il secondo tipo di prospetto, quello a sezioni contrapposte, genera una lettura più agevole ed immediata. A sinistra si elencheranno le attività e l’eventuale deficit; a destra le passività con il capitale netto. Una ulteriore differenza di forma fa si che l’inventario possa rappresentarsi sia in maniera analitico-descrittiva che in maniera sintetica. Quello analitico è più utilizzato quando le due sezioni si sviluppano in modo sovrapposto. Di contro, il prospetto a sezioni contrapposte meglio si coniuga con descrizioni sintetiche. La compattezza del secondo prospetto però, il più delle volte, è suffragata da opportuni allegati descrittivi che hanno l’onere di illustrare il dettaglio, per l’appunto, nei confronti di chi legge, fisco incluso, delle voci più rappresentative. Sono tali gli elenchi nominativi dei clienti e dei fornitori con i rispettivi importi che, sommati, esprimono la massa dei crediti o l’entità della debitoria che risultano esposte sinteticamente nel prospetto a sezioni contrapposte. Al pari, saranno elencati i saldi banche, gli immobilizzi, le merci presenti in magazzino e via dicendo.