Finanzacademy: La Parità dei tassi d’interesse

Parità dei tassi d'interesse
Posso sapere come si modificherà il tasso di cambio da qui a uno, due o cinque anni? Quale
sarà il rendimento in euro del mio investimento in sterline? Posso prevedere quale sarà il
cambio del dollaro alla scadenza del mio T-Note1? Chiunque investa in valuta estera non può
non confrontarsi con domande analoghe a quelle appena enunciate.
La risposta ovviamente non è immediata. Il tasso di cambio tra due valute oscilla in base a
diversi fattori molti dei quali non controllabili o imprevedibili (fattori politici, fattori
macroeconomici, fattori speculativi). La dinamica dei cambi non è però totalmente aleatoria: la
teoria finanziaria ci viene in aiuto fornendoci alcune basi su cui fondare le nostre aspettative.
Una teoria in particolare può aiutarci a considerare gli investimenti in valuta in un ottica più
globale e può darci un criterio di massima per la valutazione dei tassi di cambio: la parità dei
tassi d’interesse
. In base a questa teoria, enunciata da John Maynard Keynes,
a parità di tutti gli altri fattori non fa differenza alcuna investire in titoli in valuta estera o
in titoli domestici
. In un mercato dei capitali integrato, infatti, gli investitori si sposterebbero verso i titoli che a
parità di condizioni offrono rendimenti maggiori, ma così facendo, per la legge della domanda e
dell’offerta, ridurrebbero questo vantaggio fino ad azzerarlo.
Come si sostanzia questa considerazione in un investimento in valuta è presto detto: un
eventuale differenziale, positivo o negativo, del tasso di interesse estero rispetto a quello
interno, sarà compensato da un differenziale nel tasso di cambio di segno opposto.
Chiariamo con un esempio:
un investitore si trova davanti alla scelta tra un titolo italiano e uno statunitense, entrambi con
scadenza a un anno ed aventi le medesime caratteristiche in termini di rischiosità. Il titolo
statunitense ha un tasso del 5%, mentre il titolo italiano offre un rendimento del 4%. Il tasso di
cambio è posto per comodità pari a 1 (un dollaro per un euro). Il nostro investitore deve
investire un importo di 1.000 euro: investendo nel titolo italiano, alla fine del periodo avrà un
montante pari a 1.040 euro; cosa succederebbe invece se egli investisse nel titolo statunitense?
–          Innanzitutto dovrebbe negoziare il cambio, che abbiamo posto uguale ad 1, ottenendo
1.000 dollari;
–          Investirà quindi il suo capitale in dollari nel titolo in valuta, ottenendo alla fine del periodo
un montante di 1.050 dollari.
–          Quale sarà il suo valore una volta riconvertito in euro? Per la teoria della parità dei tassi
d’interesse sarà
esattamente 1.040 euro. Il tasso di cambio €/$ sarà tale da
compensare l’extraprofitto del titolo estero: in questo caso sarebbe ca. 1,009 (1050/1,009 =
1040).
Quello appena illustrato è un classico esempio accademico della teoria di parità scoperta dei
tassi di interesse
,
“scoperta” dal momento che durante l’intero holding period l’investitore si trova esposto al
rischio di cambio.
Questa teoria in realtà si basa su un ipotesi molto forte, ovvero che gli investitori siano
completamente neutrali al rischio, ipotesi che nella realtà difficilmente è verificata. Più prossima
alle reali dinamiche è invece la teoria della parità coperta dei tassi d’interesse, in cui il
cambio a termine è negoziato già all’atto dell’acquisto, annullando il rischio di cambio.
Tralasciando le differenze concettuali, la logica di fondo è chiara: un’eventuale
overperformance attesa di un titolo in valuta può essere annullata da un movimento avverso dei
tassi di cambio.
Per concludere, la teoria della parità dei tassi di interesse, nonostante le evidenze empiriche
non sempre siano univoche in tal senso, è tuttora valida e può fornire una base concettuale
solida su cui fondare le proprie scelte d’investimento in valuta. Attenzione però a fare totale
affidamento su questo concetto: come detto questo rappresenta solo uno dei tanti fattori in
gioco, le variabili delle dinamiche valutarie sono numerose e sarebbe un grave errore non
tenerne conto.
Una esposizione analitica.
Parità coperta dei tassi d’interesse
La parità coperta dei tassi d’interesse enuncia che affinché non vi siano possibilità di arbitraggio
sul mercato dei cambi, un differenziale nei tassi di interesse deve essere bilanciato dal
differenziale tra tasso a pronti e tasso a termine.
Analiticamente, deve valere la seguente relazione:
1 + i = (F/S)(1+i*)
Laddove:
i = tasso d’interesse di un’obbligazione locale ad una data scadenza
i* = tasso d’interesse di un’obbligazione estera con medesima scadenza
S = il tasso di cambio a pronti, definito come quantità di valuta nazionale per acquistare un’unità
di valuta estera (cosiddetto “incerto per certo”)
F = il tasso di cambio a termine per la medesima scadenza della obbligazioni.
Alternativamente, la relazione può essere espressa nel seguente modo:
i = i* + [(F-S)/S] (1 +i*)
Dalla formulazione appena espressa risulta chiara la relazione tra tasso d’interesse domestico e
tasso d’interesse estero: il tasso d’interesse domestico dev’essere uguale al tasso d’interesse
estero più o meno la differenza percentuale tra tasso di cambio forward e tasso di cambio spot,
capitalizzato per l’holding period.
Se la volatilità dei tassi di cambio non è elevata si può approssimare l’uguaglianza come segue:
                i = i* + (F-S)/S
Parità scoperta dei tassi d’interesse
Per la parità scoperta dei tassi d’interesse, affinché non vi siano possibilità di arbitraggio sul
mercato dei cambi, un differenziale nei tassi di interesse deve essere bilanciato dal differenziale
tra tasso a pronti odierno e tasso a pronti ad una certa data.
Non cambia nulla nella formulazione analitica, se non che il tasso di cambio forward viene
sostituito dal tasso di cambio a pronti atteso al tempo t (E(St)). Le uguaglianze divengono
quindi le seguenti:
1 + i = (E(St)/S0)(1+i*)
e
i = i* + [(E(St)-S0)/S0] (1 +i*).
[1] Il T-Note è un titolo di stato americano con scadenze comprese tra i due e i dieci anni